Eremo di Lecceto

Eremo di Lecceto

Eremo di Lecceto

Ambito di plurime esperienze monastiche, di una vita tesa alla preghiera e alla meditazione

 L’Eremo di Lecceto è il più famoso degli eremi agostiniani ed è situato a circa otto km a ovest di Porta San Marco a Siena. L’eremo-fortezza, con una bella torre in pietra, si trova in una posizione assai suggestiva al margine dei bellissimi boschi ricchi di lecci in un’area chiamata Grillanda, a circa 300 metri sul livello del mare. Essendo a solamente un miglio di distanza da San Leonardo al Lago, molti storici li hanno confusi nell’arco del tempo.

L’Eremo di Lecceto è dotato di un bellissimo torrione e, oltre ad un particolare portico e un notevole campanile, comprende due chiostri: uno del XIII e uno del XV secolo. A stupirci però è il fatto che un eremo così famoso non abbia un fondatore e neppure un anno di nascita ufficiali.

La comunità dell’eremo fu la prima a seguire la nuova regola di Sant’Agostino grazie all’approvazione del priore Bartolomeo da Venezia. Il monastero è sempre stato abitato dai padri Agostiniani dalla prima metà del 1200 fino alla fine del 1800, tempo della soppressione napoleonica. Nel 1972 una comunità femminile di monache agostiniane vi si trasferisce dopo aver lasciato la città di Siena. La loro vita era completamente tessuta di preghiera, una preghiera fatta di mitezza e di compassione per l’uomo.

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Pievasciata

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Pieve di San Giovanni Battista

Pieve di San Giovanni Battista

Pieve di San Giovanni Battista

Uno dei monumenti più interessanti in stile romanico del contado senese

La Pieve di San Giovanni Battista, anche conosciuta come la Pieve di Ponte allo Spino, si trova a Sovicille nella piana alluvionale del Piano dello Spino, bagnata dal torrente Rigo. Questo luogo rappresentava una tappa della via imperiale che univa la via Cassia con l’Aurelia.

Le notizie storiche sulla pieve sono frammentarie, ma i documenti esistenti e la sua struttura architettonica facilitano una ricostruzione parziale della sua storia da parte degli studiosi. La chiesa è menzionata a partire dal 1050, ma l’edificio che ci è pervenuto fu costruito nel secolo successivo dai monaci Vallombrosiani di Torri.

Questo edificio era la residenza estiva del Vescovo di Siena, mentre il chiostro attesta la presenza di una comunità di presbiteri, cioè giovani non sposati avviati alla vita clericale tramite la convivenza. Dalle arciere, dalle archibugiere e dalle feritoie possiamo dedurre che il complesso fosse fortificato.

L’elemento più importante della pieve è il campanile, ma anche il suo ingresso è molto particolare perchè qui anzichè salire, si scendono i gradini. Questo è stato fatto affinchè la chiesa dall’interno risulti più slanciata di quello che si immagina dall’esterno. Lo stile si ispira al tardo romanico francese ed è quindi molto vicino al gotico.

Il luogo non può lasciarci indifferenti perchè lo spirito che aleggia tra le antiche mura dai colori caldi e dalle armoniche architetture è soave, ispira pace e serenità e ammalia con le simbologie di cui si è perso ormai il significato.

 

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Sovicille

Sovicille

Sovicille

Un paesaggio suggestivo e ricco di memorie storiche

 

In lontananza Sovicille sembra come una piccola isola immersa nel verde dei boschi e delle colline toscane. Sovicille si trova a circa 10 km da Siena e con i suoi 14.376 ettari rappresenta uno dei comuni più estesi della Provincia.

La struttura del nucleo antico di Sovicille a forma di ellittica denota le sue origini etrusche. A dimostrazione di ciò questo popolo, e successivamente anche i romani, fondavano i propri villaggi sullo spartiacque delle colline sia per scopi difensivi che per evitare inondazioni e epidemie.

Il centro storico di Sovicille ha preservato le dimensioni orginarie del 1300 senza espandersi ulteriormente, perchè nel corso dei secoli ha subito guerre, incendi e numerose pestilenze.

Al di sotto del paese esistono alcuni cunicoli scavati nella roccia in epoca medievale concepiti come vie di fuga secondarie per sfuggire agli assedi. Al posto del Monumento ai Caduti, fino agli anni ’20 esisteva un pozzo-cisterna per l’approvvigionamento idrico del paese. I negozi, fino alla metà del secolo scorso, erano stalle per asini e mulini, poichè Sovicille era un paese di carbonai, boscaioli e barrocciai.

Il patrimonio storico-artistico del territorio è di assoluto rilievo e può vantare un’ampia presenza di pievi romaniche, abbazie e castelli che punteggiano il suo paesaggio boschivo e collinare. Il comune di Sovicille vanta anche, in Toscana, il numero più elevato di borghi medievali (circa 55) di cui alcuni scomparsi, altri ridotti a case coloniche, altri ancora conservati fino ad oggi senza rimaneggiamenti.

La frazione di San Rocco a Pilli rappresenta la località più popolosa di Sovicille. Quest’area si è notevolmente estesa negli ultimi decenni lungo le pendici della collina sulla quale svetta il campanile della chiesa parrocchiale. Il paese di era inizialmente sviluppato lungo l’antica strada che metteva in comunicazione Siena con Poggio Civitate e a Roselle.

Sulla cima di San Rocco si erge la chiesa di San Bartolomeo, che ha avuto una toria molto travagliata alternando tra chiusure e restauri. Oggi però è stata finalmente riaperta al culto.

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Rosia

Rosia

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Tra leggenda e contemporaneità

 

Rosia è una frazione del comune di Sovicille e deve il suo nome all’omonimo torrente che scorre nelle vicinanze. Quando pensiamo a questo luogo non possiamo non parlare dell’Eremo di Santa Lucia e del Ponte della Pia.

L’eremo di Santa Lucia è un edificio sacro che si trova nei pressi di Rosia. Le sue origini sono antecedenti al 1200 e si devono, presumibilmente, all’eremita Bonacorso che viveva in questo luogo. All’eremita, in un secondo momento, si unirono diversi seguaci che resero necessaria la costruzione di alloggi. Negli anni a seguire le diocesi di Siena e di Volterra resero ufficiale la comunità che era nata e concessero indulgenze a tutte le persone che facevano offerte alla comunità stessa. La chiesa, che fu dedicata a Santa Lucia, dovrebbe risalire al 1252 e la sua consacrazione al 1267.

Nell’eremo si sarebbe verificato anche un miracolo e cioè la trasformazione dell’acqua in vino ad opera del priore Clemente da Osimo con un semplice segno della croce. L’eremo è stato soppresso dalla diocesi di Siena, anche se ha continuato ad essere abitato da alcuni frati per molto tempo. Durante tutto il Medioevo trovavano ospitalità in questo luogo pellegrini e viandanti che si spostavano da Siena verso le Colline Metallifere e la Maremma.

L’eremo di Santa Lucia è uno dei gioielli nascosti della Toscana ed è situato poco più in là rispetto al Ponte della Pia, dedicato a Pia de’ Tolomei di cui parla Dante nella “Divina Commedia” e più precisamente nel V canto del Purgatorio.

 

Il Ponte della Pia scavalca il torrente Rosia proprio al confine tra i comuni di Sovicille e di Chiusdino. Nei mesi invernali e nei periodi più freddi la poca acqua che scorre sotto il ponte è spesso ghiacciata e crea uno scenario davvero fiabesco. Il Ponte della Pia è un ponte di origine romana ed è legato ad una leggenda o forse a qualcosa di più.

Questo è costituito da un’unica arcata a schiena d’asino e sorretto da un basamento a scarpa per far sì che le acque del torrente sottostante non indebolissero le sue fondamenta. Ancora oggi è possibile attraversarlo a piedi. La struttura attuale risale ai primi anni del XIII secolo, collega le due rive del torrente Rosia ed in passato ha svolto un ruolo importante lungo il percorso della antica Via Massetana che collegava Siena alla Maremma, ed in particolare alle Colline Metallifere e Massa Marittima, da cui deriva il nome della strada.

Da questo ponte, secondo la storia popolare, sarebbe passata la bella Pia de’ Tolomei, sposa di Nello d’Inghiramo de’ Pannocchieschi. Tale evento è anche ricordato in un celebre canto del Purgatorio della Divina Commedia. Nello fece rinchiudere Pia nel suo Castello in Maremma, costringendola a lasciare per sempre Siena: Pia percorse per l’ultima volta la strada verso il mare attraversando il Ponte che prese il suo nome.

Sulla figura di Pia, tra realtà e mito, sono stati scritti moltissimi libri, alcuni basati su fatti esclusivamente storici, altri sui molti racconti della tradizione popolare toscana. Alcune versioni sostengono che la donna non fosse in grado di dare eredi a Nello e, per questo lui l’avesse fatta uccidere da alcuni sicari. Altre ci raccontano di un tradimento da parte della donna e della gelosia del suo consorte. Altre ancora ci dicono che Nello l’avesse uccisa per poter sposare l’amante, Margherita Aldobrandeschi. Ma tutti i racconti hanno lo stesso finale: Pia de’ Tolomei fu gettata dal bastione del Castello della Pietra per mano di suo marito. Tanto che ancora oggi esiste un precipizio indicato con il nome del “salto della contessa” sul quale sorge il castello della Pietra.

Difficilmente sapremo la verità. A coronamento del mistero una leggenda vuole che sul ponte appaia il fantasma della nobildonna: alcuni giurano di aver visto nelle notti senza luna una figura immobile e tranquilla, circondata da un pallido chiarore, vestita di bianco con un velo a coprire il volto.

La vicenda umana di Pia, è molto lontana da noi temporalmente. Eppure oggi la Pia è un simbolo dei nostri tempi così tristemente ricchi di cronache che riportano storie di donne vittime di abusi, maltrattamenti e femminicidi ad opera di uomini violenti e brutali.

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Torri

Torri

Torri

Un paesino d’aspetto medievale

 

Entrando nell’antico borgo di Torri si resta sorpresi dall’atmosfera medievale che vi regna e dagli angoli suggestivi delle piazzette e dei cortili.

Il borgo è una frazione del comune di Sovicille, è situato nei pressi del fiume Merse e si raggiunge da un tortuoso viale delineato da cipressi. Una porta ad arco, che si apre nelle mura in pietra, immette in una piazza con l’antico forno che serviva a fare il pane per tutta la comunità, dalla quale partono pittoresche stradine che conducono all’altra porta, oggi non più esistente.

L’antico paese di Torri, cresciuto all’interno di una cinta muraria ovale alta più di 20 metri, si è sviluppato attorno al monastero di Torri intitolato alla S. Trinità e più tardi a S. Mustiola.

Il monastero di Santa Mustiola, probabilmente fondato verso la metà del XI secolo, fu molto influente nel corso del XIII secolo perchè esercitò un ruolo di mediazione costante tra i signori locali e il Comune di Siena. Il riconoscimento della sua importanza fu sancito da una decisione del 1245, quando il Comune prese i monaci sotto la propria protezione e questi si impegnarono a costruire i mulini sul fiume Merse.

Attualmente l’abbazia è adibita a villa-fattoria.

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Abbazia di San Galgano

Abbazia di San Galgano

Abbazia di San Galgano

I resti di uno dei più importanti monasteri toscani

 

Il luogo include due diversi punti di attrazione: la grande Abbazia con un’enorme chiesa senza tetto e l’eremo di Monte Siepi dove, secondo la leggenda, San Galgano si ritirò come eremita.

Nel Natale del 1180 Galgano decise di cambiare vita e dare inizio ad una nuova esistenza in completo isolamento e in penitenza, ricercando senza sosta Dio e la pace che gli negava l’epoca turbolenta in cui viveva. Come forma di totale rinuncia ad ogni tipo di violenza, Galgano conficcò la sua spada in una roccia, con l’idea di utilizzarla esclusivamente come croce dinanzi e cui pregare. Questo fu un gesto simbolico di grande forza per quei tempi.

La spada di Galgano è situata al centro della Rotonda di Monte Siepi, nella cappella a poche centinaia di metri dall’Abbazia di San Galgano. A giudicare dalla parte visibile che sporge dalla roccia, sembra che sia proprio una spada autentica del XII secolo.

Galgano morì nel 1181 appoggiato alla sua croce e proprio lì realizzata in suo onore una bellissima cappella. La chiesa rispetta perfettamente i canoni delle abbazie cistercensi; tali canoni erano stabiliti dalla regola di San Bernardo e prevedevano norme precise per quanto riguarda la localizzazione, l’architettonica e lo schema distributivo degli edifici. Le abbazie dovevano sorgere lungo le vie di comunicazione più importanti (in questo caso abbiamo la via Maremmana) per rendere più agevoli le comunicazioni con la casa madre; inoltre erano dislocate vicino ai fiumi (qui si trova la Merse) per poter sfruttare la forza idraulica; e infine si trovavano sempre in luoghi boscosi o paludosi per poterli prima bonificare e poi sfruttarne il terreno per le coltivazioni.

Nel 1185 Galgano fu proclamato Santo da Papa Lucio III. Ben presto i monaci a lui devoti divennero un punto di riferimento per tutto il territorio e per la Repubblica Senese. La maestosità dell’abbazia testimonia, infatti, il grande seguito del culto di San Galgano.

Alcuni studiosi sostengono che ci siano delle analogie tra la vicenda si San Galgano e quella di Re Artù poiché entrambi i fatti si verificarono nel XII secolo e, inoltre, tra Galgano e il nome di uno dei cavalieri arturiani, Galvano, esistono delle particolari similitudini. Quello che possiamo considerare come certo è che esiste questa spada curiosamente inflitta in una roccia che ci riporta l’eco di antichi e lontani segreti della storia e dell’arte medievale del contado mai svelati.

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Vertine

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